La pulizia delle parti comuni in contesto condominiale come funziona?
Di solito, viene incaricata una persona pagata da tutti i condòmini. Ma con quale criterio?
Come si ripartiscono le spese?
I punti di riferimento sono due: il regolamento del condominio ed il Codice civile. Quest’ultimo stabilisce non soltanto che cosa rientra nelle parti comuni (quelle che vanno, appunto, pulite e tenute come si deve) ma anche chi deve sostenere le relative spese.
Pulizia parti comuni: le scale ne fanno parte?
Uno può pensare che le scale rientrino nelle parti comuni di un condominio fino ad un certo punto. La logica potrebbe far dedurre che chi abita all’ultimo piano beneficia di tutta la scala – e quindi la sporca ogni volta che ci passa –, mentre chi ha l’appartamento al piano terra dovrebbe pensare solo alla pulizia dell’androne e poco più, visto che le scale non le utilizza mai.
Secondo il Codice civile «sono oggetto di proprietà comune […] tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate» .
Questo significa che il singolo condomino, secondo quanto risulta da questa norma, non può sottrarsi al vincolo di contribuire alle spese per la pulizia, la conservazione e la manutenzione delle scale.
Pulizia parti comuni: come vanno ripartite?
Il Codice civile stabilisce che tutti i proprietari delle singole unità abitative devono contribuire alla conservazione e alla manutenzione, e quindi anche alla pulizia, delle parti comuni dell’edificio.
Tuttavia, è necessario verificare se nel condominio esiste un regolamento contrattuale, perché le eventuali regole qui contenute prevalgono sul Codice civile e necessitano del voto unanime di tutti i condòmini per essere modificate. Se, invece, non c’è un regolamento, allora si deve riprendere il Codice in mano. Ci sono due articoli da tenere in considerazione.
Il primo stabilisce che «le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità».
Tre, dunque, le indicazioni che ci dà questo articolo del Codice civile.
La prima, che tutti devono contribuire alle spese in base ai millesimi di proprietà che possiede: chi ha l’immobile più grande, pagherà una quota più elevata.
La seconda: che la quota di spesa deve essere proporzionale all’uso che si fa della cosa comune. Tornando al discorso delle scale: chi abita al secondo piano – almeno secondo quanto stabilito da questa norma – deve pagare di più rispetto a chi abita al piano terra e le scale non le utilizza mai.
La terza indicazione: ciascuno paga per la pulizia delle cose comuni che sono al suo servizio quando ci sono più androni o più scale che servono un’altra ala del condominio. Poi, però, vi è l’altro articolo del Codice che fa riferimento più specifico alla manutenzione delle scale e degli ascensori: «Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono.
La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune».
Significa, quindi, che chi non utilizza mai le scale non deve sostenere le spese per la loro pulizia, poiché devono essere pagate «dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono» ed in modo «proporzionale all’altezza di ciascun piano». Sempreché il regolamento condominiale non stabilisca una regola diversa. Pulizia parti comuni: cosa dice la giurisprudenza La Cassazione conferma quanto stabilito dal Codice civile.
Secondo una sentenza della Suprema Corte, infatti, «in tema di condominio negli edifici, la ripartizione della spesa per la pulizia delle scale va effettuata in base al criterio proporzionale dell’altezza dal suolo di ciascun piano o porzione di piano a cui esse servono», considerando di fatto : «che i proprietari dei piani alti logorano le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani bassi».