Per evitare la demolizione di un abuso edilizio, la legge offre diverse possibilità. La soluzione più comune è la richiesta di sanatoria previo pagamento dell’oblazione. Esiste però anche un altro caso, che consente di tutelare la prima casa se le condizioni familiari non consentono di spostarsi altrove. Recentemente la Corte di Cassazione ha indicato come opporsi all’ordine di demolizione di un abuso edilizio in circostanze di disagio abitativo.

Abuso edilizio: quali conseguenze dopo tanto tempo?

Le sanzioni per l’abuso edilizio possono essere penali o amministrative. Le sanzioni penali sussistono in caso di reato, prevedono l’ammenda e l’arresto e sono commisurate a seconda dell’impatto sul territorio della costruzione. Le sanzioni amministrative comportano, invece, l’ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi.

Mentre le sanzioni penali si prescrivono in 4 anni (5 se c’è stato il rinvio a giudizio) e possono essere disposte solo nei confronti dell’effettivo autore dell’abuso, l’ordine di demolizione non cade mai in prescrizione, può essere disposto pertanto in qualsiasi momento, anche nei confronti dei successivi proprietari del bene.

Come contrastare l’ordine di demolizione

In base all’articolo 8 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, il diritto all’abitazione prevale su qualsiasi altro interesse, anche di natura pubblica. Per questo sia la Corte Europea che la nostra Cassazione hanno stabilito che, prima di ordinare la demolizione, il giudice deve valutare la proporzione tra l’impatto sul territorio dell’abuso edilizio e l’importanza che l’immobile ha per il proprietario. Infatti per la giurisprudenza, non si può demolire se la lesione del territorio è minima mentre la casa – e in particolare la prima casa – è l’unico luogo dove l’autore dell’illecito può vivere. 

Quindi prima di dare il via libera ad una demolizione, il giudice dove motivare la propria decisione chiarendo le ragioni della prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato.

Questo principio assume particolare rilevanza soprattutto nel caso di soggetti disabili, anziani, poveri o con minori a carico.

Dunque solo il giudice, ha il potere di richiedere la revoca dell’ordine di demolizione e può farlo anche in presenza di un ordine impartito con una sentenza ormai definitiva. Per motivare il rigetto deve però tenere conto di tutte le circostanze, valutando correttamente la proporzionalità tra la tutela del territorio e il diritto all’abitazione familiare.

Quali motivi occorrono per non far demolire la prima casa?

La Corte ha accolto il ricorso di una donna che rischiava di perdere la propria abitazione abusiva. In questo caso era stato dimostrato che il reddito del nucleo era basso e che nella famiglia vi erano minori e la stessa istante in cattive condizioni di salute. Inoltre, la ricorrente aveva provato di essersi adoperata a ottenere l’assegnazione di un alloggio di residenza popolare, ma senza alcun successo.

Ecco allora che, a detta dei giudici, «il bilanciamento tra il diritto del privato all’abitazione e quello del territorio alla repressione degli abusi edilizi, è stato correttamente effettuato».