Cosa succede se in una comproprietà immobiliare, uno solo dei proprietari vuole eseguire lavori in tutta la proprietà ma non ottiene il benestare degli altri? Può quel proprietario chiedere di essere risarcito dagli altri comproprietari per non aver potuto godere dei contributi statali (Superbonus e simili) al miglioramento dell’immobile?

L’art. 1105 cod. civ. cita: «Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell’amministrazione della cosa comune. Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente. Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione».

Quindi in caso di comunione dei beni, le decisioni vanno adottate a maggioranza semplice dei partecipanti, calcolata in base al valore delle loro quote, per tutte le deliberazioni che hanno ad oggetto, tra le altre cose, gli atti di ordinaria amministrazione, finalizzati a conservare la cosa comune o migliorarne il godimento.

Questo principio vale anche per gli atti di straordinaria amministrazione, per i quali occorre «deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune» (art. 1108 cod. civ.).

L’unico caso in cui è possibile eseguire lavori sulla cosa comune senza il permesso degli altri comproprietari è quello in cui la modifica apportata non alteri «la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto». In questa ipotesi, «può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa» (art. 1102 cod. civ.).

Un esempio può essere l’appoggio di una canna fumaria o l’affissione di una targa professionale alla parete del fabbricato.

Inoltre è legale anche l’installazione di un montascale per disabili o di un ascensore, se viene lasciato abbastanza spazio per salire le scale.

Dunque per rispondere alla domanda iniziale, il singolo proprietario non può far eseguire lavori in tutta la proprietà senza il benestare degli altri, tranne in alcuni casi eccezionali.

Infatti le modificazioni sulle parti comuni sono legali se:

  • sono fatte a proprie spese, cioè dal singolo proprietario che ne ha interesse;
  • non venga alterata la destinazione della cosa;
  • non escludono gli altri comproprietari dal poterne godere.

L’art. 1110 cod. civ. specifica inoltre che, per le spese necessarie alla conservazione della cosa comune sostenute per far fronte alla trascuranza degli altri comproprietari, spetta il rimborso.

Per quanto riguarda all’adesione al Superbonus 110%, trattandosi di atti di straordinaria amministrazione, andrebbero approvati col voto favorevoli dei 2/3 dei comproprietari.

Per lo stesso motivo, non potendosi imporre dei lavori di straordinaria amministrazione, non si potrà agire contro i comproprietari nel caso in cui abbiano espresso parere contrario.

Va infine ricordato che l’art. 1109 cod. civ. prevede la possibilità, per il singolo proprietario dissenziente, di impugnare le decisioni della maggioranza davanti al giudice, ma solo se:

  • gli atti di ordinaria amministrazione sono gravemente pregiudizievoli per la cosa comune;
  • alcuni partecipanti non sono stati informati dell’assemblea;
  • le innovazioni o gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (come ad esempio i lavori di ristrutturazione per i bonus fiscali) pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti o comportino una spesa eccessivamente gravosa.

In pratica l’unica possibilità sarebbe ordinare i lavori di manutenzione strettamente necessari alla conservazione del bene comune, per poi farsi rimborsare le spese pro quota ai sensi dell’art. 1110 cod. civ.

In alternativa, in caso di “stallo” dell’assemblea per ciò che concerne gli atti di ordinaria amministrazione, si potrebbe fare ricorso al giudice affinché decida per tutti oppure perché nomini un amministratore che assuma le decisioni più importanti. Il giudice, tuttavia, non potrà imporre interventi straordinari, come quelli necessari per il Superbonus.