Il caso
La Corte di Appello di Campobasso aveva rigettato la richiesta di rimborso delle spese sostenute per riparazioni straordinarie da parte di un affittuario a cui era stato consegnato l’immobile sulla base di un contratto di locazione e, quindi, di un successivo contratto preliminare di compravendita, dichiarati entrambi nulli per difetto di forma.
La Cassazione considerava il ricorrente un semplice detentore qualificato, mentre lui ribadiva l’intervenuto mutamento del titolo, a seguito di: sostituzione della serratura di casa senza consegna di copia delle chiavi al proprietario, la mancanza di pagamento di pigioni o fitti, l’esecuzione di opere e, addirittura, il cambio di destinazione d’uso dell’immobile (da a scuola era stato trasformato in appartamento).
La decisione della Suprema Corte
La Cassazione ha chiarito che, qualora l’immobile venga consegnato prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi. Infatti il bene diventa realmente disponibile per il promissario acquirente soltanto con un contratto di comodato funzionalmente collegato al preliminare, con la conseguenza il promissario acquirente è qualificabile come detentore qualificato e non già possesso utile ad usucapionem, salva la dimostrazione di un’intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141 c.c. (si vedano: Cass., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 7930; Cass., 16 marzo 2016, n. 5211).
Inoltre la Suprema Corte ha precisato che il diritto (previsto dall’art.1150 c.c) al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie e per i miglioramenti arrecati, non può essere applicato in via analogica al detentore qualificato, come è ad esempio il promissario acquirente in fase di contratto preliminare di compravendita.
A quest’ultimo quindi non spetta né il diritto all’indennità per i miglioramenti previsto dall’art. 1150 c.c. né quello di ritenzione previsto dall’art. 1152 c.c., che la legge attribuisce unicamente al possessore di buona fede e non anche al detentore qualificato.
Quanto al fatto che lo stesso, con la propria condotta, avesse manifestato l’intenzione di possedere l’immobile come proprietario – i Giudici di legittimità hanno ritenuto che la relativa domanda fosse stata formulata in violazione del requisito previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., che prevede la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda.
A questo proposito si evidenzia come di recente la medesima Suprema Corte abbia nuovamente ribadito che alla traditio del bene non consegue la trasmissione del suo possesso, ma soltanto una detenzione qualificata, salvo che intervenga una “interversio possessionis”, mediante la manifestazione esterna, diretta contro il proprietario/possessore, della volontà di esercizio del possesso “uti dominus”, sicché non opera la presunzione del possesso utile “ad usucapionem”, previsto dall’art. 1141 c.c., quando la relazione con il bene derivi da un atto o da un fatto del proprietario non corrispondente al trasferimento del diritto (Cass. civ., 22 ottobre 2021, n. 29594).