In base alla normativa sulla privacy (Art. 13, Reg. UE n. 2016/679 – c.d. Gdpr), tutte le persone che transitano in un’area videosorvegliata diversa dall’abitazione privata devono essere informate della presenza di telecamere. Solitamente è presente un apposito cartello di avviso, da posizionare prima di entrare nel raggio di osservazione dalla telecamera.
Qualunque telecamera che punti su un luogo pubblico (come una strada) va segnalata con il cartello “area videosorvegliata” a tutela della privacy dei passanti. Lo stesso vale anche per le telecamere di controllo deliberate dal condominio (ad esempio, quelle all’interno dell’androne, sul portone d’ingresso o accanto al videocitofono).
Cosa si può fare se sono presenti dei lavoratori all’interno della proprietà privata? Secondo lo Statuto dei lavoratori, il datore non può mai sorvegliare i dipendenti mediante telecamere.
L’impiego di questi dispositivi di controllo è consentito solo previa autorizzazione dei sindacati o dell’Ispettorato del lavoro, per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e la tutela del patrimonio aziendale. In ogni caso il datore deve sempre avvisare il lavoratore dell’utilizzo degli impianti di videosorveglianza e la collocazione degli stessi.
Senza l’accordo con i sindacati o l’Ispettorato del Lavoro non è possibile installare la telecamera neanche con il consenso del lavoratore, che risulta insufficiente.
Per legge, l’uso delle telecamere nascoste (senza bisogno di autorizzazioni, comunicazioni o avvisi), è concesso solo per “finalità difensive”. Ad esempio quando si tratta di incastrare un dipendente sospettato di commettere illeciti di natura civile (come chattare con gli amici anziché lavorare) o penale (come rubare) è possibile installare la videosorveglianza al di là dei casi e delle condizioni previste dallo Statuto dei lavoratori. A tal fine, però, ci devono essere consistenti prove dell’illecito stesso: le riprese video non possono cioè essere fatte a scopo preventivo o cautelativo o solo per “verificare e prevenire” la commissione di reati.
Detto ciò, bisogna capire se sul committente gravino gli stessi divieti tipicamente riferibili al datore.
Solitamente il committente, durante un appalto, è il “datore di lavoro” del cantiere, cioè colui che assume le decisioni più importanti e che è responsabile di ciò che accade. Tant’è vero che la legge (D. Lgs. 81/08) pone in capo al committente una serie di doveri tipici del datore (sicurezza, vigilanza, ecc.).
Quindi se il cantiere è equiparabile al luogo di lavoro, si seguiranno le regole stabilite dallo Statuto dei lavoratori, con applicazione del divieto di controllo a distanza dell´attività lavorativa attraverso installazione di apparecchiature preposte a tale finalità.
Ai sensi dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, la ripresa dei lavoratori durante lo svolgimento della propria attività, è permessa esclusivamente in presenza delle due condizioni sopra viste, e cioè:
- videosorveglianza per esigenze organizzative e produttive, ovvero per motivi legati alla sicurezza del lavoro o alla tutela del patrimonio aziendale;
- vi sia un preventivo accordo sindacale o un’autorizzazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, a cui va presentata una specifica richiesta.
L’ installazione delle telecamere avverrà solo previo accordo e sempre che sussista una delle esigenze sopra viste (ad esempio, necessità di controllare che non avvengano furti per via della presenza di oggetti di valore), ovviamente avvisando i lavoratori mediante specifica informativa.
Se, invece, la videosorveglianza dovesse essere solamente esterna, senza coinvolgere i lavoratori, allora dovrebbero essere seguite le normali disposizioni del Gdpr.
Perché la videosorveglianza esterna sia legale, essa non può riprendere luoghi di privata dimora o aree che sono sottratte alla vista degli altri. Ad esempio, telecamere collocate all’esterno in grado di riprendere anche l’ingresso del vicino sono sicuramente illecite. Lo stesso vale per le telecamere puntate verso la finestra del vicino.
Anche filmare la strada non è legale. Infatti sarebbe vietato riprendere delle persone che passano per strada: le immagini non potranno essere pubblicate o distribuite senza il consenso della persona ripresa, a meno che il volto o i tratti identificativi di questa non siano alterati in modo da renderla irriconoscibile.
Quindi il filmato realizzato per uso esclusivamente personale (per tutelare la propria sicurezza) è legale, senza che occorra alcun permesso. È lecita, inoltre, la videosorveglianza che riprenda solamente una parte di strada pubblica, indispensabile per tutelare la propria proprietà. Si pensi a una casa con porta d’ingresso direttamente su strada.
Inoltre per avere un sistema di videosorveglianza esterno che non violi la riservatezza, le telecamere possono essere puntate in maniera tale da non riprendere il viso dei passanti.
Come chiarito dal Garante della Privacy (provv. 8.04.2010), l’uso delle apparecchiature volte a riprendere aree esterne (perimetrali, adibite a parcheggi o a carico/scarico merci, accessi, uscite di emergenza), deve essere effettuato in modo da limitare l’angolo visuale all’area effettivamente da proteggere.
Occorre poi apporre un cartello che informi le persone della possibilità di essere riprese. Nel cartello devono essere inserite le seguenti informazioni:
- codice QR o link che porti all’informativa completa inerente all’art. 13 del Regolamento Ue 679/16 (cosiddetto Gdpr). In alternativa, va bene anche un avviso cartaceo;
- da chi viene effettuata la registrazione;
- quanto a lungo verrà conservata la registrazione, per un tempo massimo che non potrà essere oltre le 72 ore, a meno che non ci siano motivazioni specifiche;
- motivazione della registrazione e altre specifiche, come per esempio se le registrazioni vengono inviate a terzi (ad esempio, alle forze dell’ordine) o se sono registrate oltre che filmate;
- nome del Data Protection Officer(DPO), cioè del Responsabile della Protezione dei Dati (se ve n’è uno);
- diritti della persona interessata.